Draghi e psicologia: ma che politica, che cultura!

E’ fuor di dubbio che l’infelice uscita di Draghi sull’inopportunità del vaccino alla psicologa di 35 anni gli sia sfuggita dai denti, figlia delle pressioni cui anche una persona della sua levatura, in un contesto emergenziale, subisce. E’ un essere umano e lo si può comprendere.

A me però, non appena l’ho letta, è salita una scossa elettrica nel petto che ha riattizzato una rabbia in realtà mai sopita, al limite tenuta a bada e ammansita. Sono ormai venticinque anni che faccio questo mestiere ed ho forse quasi imparato a farci i conti.

Rabbia perchè questa incauta uscita di una figura istituzionale su cui noi tutti riponiamo, come sempre, da popolo di grande cuore e immaginazione, grandi aspettative non ha fatto altro che riverberare un pregiudizio duro da cancellare e cioè che la psicologia e i suoi strumenti, siano aria fritta, un vezzo da viziati e (un tempo si diceva) borghesi, che si mettono sul lettino a farneticare. Non si conoscono perlopiù i grandissimi passi avanti fatti nella ricerca e nelle tecniche di cura.

Infatti la psicologia è la cenerentola delle discipline sanitarie (si Draghi, gli psicologi sono figure sanitarie, nel senso che svolgono un ruolo di prevenzione e cura della sanità mentale delle persone): non si investe in psicologia in Italia, si preferisce lasciare il mercato all’industria farmaceutica.

I servizi di psicologia in Italia hanno nomi, ancora oggi nel 2021, che richiamano lo stigma della follia, sono ancora per lo più sottomessi alla regia della psichiatria, la scienza che cura i matti, i malati cronici, tutte quelle persone che sono impazzite anche perchè non sono state accolte, diagnosticate e curate come persone, ma come casi, numeri, problemi. Io penso, in buona parte, perchè non sono stati capiti nel loro dolore profondo, nella loro frammentazione traumatica, nel dramma, irriducibilmente umano.

Non si investe in psicologia pubblica in Italia, i migliori lavorano nel privato ed infatti è lì che i più svegli li vanno a cercare, per tirarsi fuori dalla morsa del dramma personale. Ed è lì che si curano. Perchè gli strumenti esistono, sono validati scientificamente, e funzionano alla grande.

Provate ad andare a chiedere a tutte le persone che in quest’anno pandemico, si sono rivolte ai loro studi, perchè erano a brandelli psicologicamente. Andate e chiedete!

Io ho la testimonianza di operatori sanitari che, magari superando giustappunto un pregiudizio, dopo poche sedute con Emdr per esempio (strumento elettivo per la cura del trauma) sono rinate, letteralmente. Molti increduli, tutti stupiti. Andate, chiedete!

Non dormivano, erano visitate da immagini disturbanti, perdevano lucidità, erano facilmente irritabili, erano preoccupate di perdere il controllo, di impazzire.

Se l’alternativa era di andare a fare un consulto in psichiatria, nelle nostre psichiatrie, piuttosto si facevano prescrivere un ansiolitico da un amico e se la smazzavano da soli. Invece la pandemia ha consentito a molti di loro di chiedere aiuto, di informarsi su a chi chiederlo, di accedere alla cura e di uscirne, in poche sedute.

Chiedetelo a chi la malattia l’ha fatta ed ha visto la morte in faccia o a chi non ha neanche potuto salutare un proprio caro dopo che era salito sull’ambulanza, a chi era solo in casa mentre intorno la morte falciava vite. Andate e chiedete!

Anche queste persone, quelli che hanno avuto la forza di superare il gradino del pregiudizio, sono state aiutate, spesso grazie al lavoro gratuito e volontario di migliaia di psicologi in tutta Italia.

Chiedetelo agli adolescenti che genitori stravolti e disorientati ti consegnano perchè non ci capiscono più niente. Si parla tanto di anziani e così poco di questi giovani che già prima ci capivano poco, ora dopo un’anno di overdose da schermi, sono più persi di prima.

Anche con loro si è lavorato e si lavora per aiutarli a cogliere, oltre a questa coltre di pessimismo, di disinformazione e soprattutto, di mancanza di fiducia nel futuro, una motivazione a giocarla la partita della vita. Sono il nostro futuro e li stiamo facendo a brandelli.

Alla politica, signor Presidente del consiglio, si chiede di facilitare l’accesso alla cura del dolore psicologico, alla cura del trauma, alla presa in carico di persone e non di “disperati” ormai alla frutta, non stigmatizzando e svilendo la professione psicologica, come incautamente ha contribuito a fare lei.

Si chiedono servizi territoriali e ospedalieri per l’accoglienza di persone in crisi, che non siano subito diagnosticate per il “disturbo psichiatrico” che presentano, secondo il manuale DSM, ma accolte e prese in carico per il dramma personale che vivono, con la forza dell’umanità e la certezza degli strumenti che abbiamo e che, lo ribadisco, curano.

Alla politica si chiede un cambio di passo culturale, si chiede di allargare lo sguardo a Paesi avanzati come lo dovrebbe essere il nostro, che investono per la prevenzione e la cura del disagio psicologico punti percentuali del PIL, non briciole.

Non c’è traccia di psicologia e di risorse per essa in tutte le bozze dei piani di investimento per affrontare la pandemia; una delle proposte che è stata fatta recentemente dal mondo della psicologia è stata quella del voucher per le cura psicologiche.. non una risposta!

I soliti salamelecchi di corte quando è stato accolto qualche nostro rappresentante istituzionale, ma in realtà lo sguardo è sempre quello di chi non ci crede, di chi non comprende se non i numeri, le convenienze di bottega, il conservatorismo.

Come se non si capisse che accanto alla pandemia del virus è in atto una pandemia della sofferenza psicologica, che urla senza parole – perchè non le ha, non le trova – il proprio smarrimento. E’ attraverso l’accoglienza, il dialogo e la cura che le parole trovano la strada per uscire!

Allora signor Presidente, le bastano queste parole per provare a fare una riflessione nella direzione dello sdoganamento del pregiudizio sulla psicologia e i suoi strumenti?

Pubblicato da

Dottor Ghezzi Marco

Psicologo psicoterapeuta Studio a Bergamo. Maggiori informazioni curricolari sul sito www.marcoghezzi.org

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