L’anno che verrà

Giorgio e Maria stanno insieme da sei anni. Da tre convivono. Sono due persone realizzate, con bei lavori e alle soglie dei quarant’anni. Da qualche anno vorrebbero fare un figlio, ma questo loro sogno fa fatica a realizzarsi. Hanno tentato naturalmente per più di un anno senza risultati, poi si sono affidati alla procreazione medicalmente assistita. Finora hanno provato per ben sei volte senza esiti, se non un aborto spontaneo nell’ultimo tentativo, evento che ha gettato la coppia nella disperazione poi sfociata in crisi vera. A questo punto chiedono aiuto, perchè temono che la relazione si possa disfare.

Maria non si dà pace, si sente incapace ed impotente, dice di sè: “mi sento come una pianta secca..”

Giorgio è arrabbiato, cattivo, se la prende per ogni minima critica, sul lavoro non rende. Di sè riesce a dire, con gran fatica: “sono uno sfigato, un mezzo uomo..”

Questi stati d’animo così esasperati hanno a che fare con il vivere per un periodo prolungato una condizione persistente di stress.

Diciamo anche che riteniamo scontato, seppur spiacevole, nel corso della vita, affrontare eventi stressanti e che è l’aspettarsi che questi durino per un tempo limitato che li rende tollerabili. Tipici eventi possono essere un matrimonio, un trasloco, una separazione, una malattia.

E’ quando non c’è soluzione di continuità ad una situazione stressante che la gente, al giorno d’oggi, va ai matti: ed eccoci ai tempi del Covid, ad un anno dall’avvento della grande pandemia, con ancora di fronte un futuro incerto.

La pandemia ha rotto tutti i “setting”, cioè i sistemi di regole, abitudini, comportamenti più o meno consapevoli su cui ognuno di noi costruisce via via la propria esistenza. Sono quelle certezze che ti danno sicurezza, quei binari diritti su cui sei collocato, un po’ anche la cornice che delimita e contiene un quadro.

C’è il setting di lavoro, il setting di coppia, il setting della famiglia di provenienza, il setting delle relazioni amicali, il setting delle passioni e degli hobby, il setting del progetto di vita e via dicendo. Dentro ai setting, nelle relazioni interpersonali, sta il rifornimento affettivo che ci nutre.

Ecco, la condizione pandemica ha spaccato i setting e ognuno di noi si è trovato scaraventato nelle acque buie del mare in tempesta, cercando di raccattare in giro ciò che poteva di ciò che era contenuto dentro le varie cornici.

Tornando alla nostra coppia, provate a pensare che cosa possa aver significato per loro l’arrivo della pandemia: l’interruzione del progetto di fare un figlio per un periodo non determinabile mentre l’orologio biologico continua a macinare (reparto ospedaliero chiuso), la convivenza forzata (tutto il giorno ad incontrare l’altro, specchio della propria disperazione), le preoccupazioni di lavoro (smart working nel migliore dei casi, perdita dello stesso, rallentamento del progetto di carriera), la mancanza di contenimenti e nutrimenti affettivi (impossibilità di interazione con i cari, solitudine, ruminamenti, pensiero ossessivo), l’impossibilità di deviare l’attenzione su altro per regalarsi un pò di gratificazioni (no sport, no viaggi, no shopping).

Un disastro, una bomba ad orologeria. Stare insieme in queste condizioni è eroico.

La storia di Giorgio e Maria esemplifica la storia di tanti che già prima del Covid vivevano una vita al limite, sul filo del rasoio, già tanto sotto stress e che non cascavano perchè c’era giustappunto un setting, seppur precario, a sostenerle. Le persone, le coppie, le famiglie che già non stavano bene prima, col covid hanno rischiato e rischiano ancora di andare in crisi profonda. Ecco magari colgono l’occasione per prendere decisioni su cui prima avevano tanti timori, perchè sembravano troppo dirompenti, troppo definitive. Dopo il covid niente sembra più come prima e anche l’impossibile sembra .. possibile. Incredibile, ma è così!

Oppure realizzano che è arrivato il momento di un bel check-up psicologico, perchè tutti i veli ormai sono caduti e “il re è nudo!”. no more excuses, niente più scuse, è arrivato il momento di prendersi sul serio.

Veramente la pandemia ha presentato i conti a molti e ha proposto con molta crudezza ma anche con molta autenticità le domande scomode che, in tempi di normalità, non ci si voleva porre.

“la amo ancora?” “e cambiare vita?” “come mai mi viene l’angoscia a non poter uscire di casa?” “sai che c’è.. quasi quasi vado in pensione.” “perchè non ci sto dentro, se non mi faccio una canna?”

Certo, per tante situazioni che sotto stress, mostrano l’usura e le scomode verità nascoste, ce ne sono altrettante che invece dimostrano di reggere e danno conferma della genuinità delle scelte fatte e del valore di un legame costruito nel tempo. Ma queste situazioni in studio non arrivano, se non molto raramente.

Pubblicato da

Dottor Ghezzi Marco

Psicologo psicoterapeuta Studio a Bergamo. Maggiori informazioni curricolari sul sito www.marcoghezzi.org

2 pensieri su “L’anno che verrà”

  1. La vera sfida è prendere appuntamento con sé stessi…indipendentemente dalle contingenze dell’esistenza.
    Non chiedersi cosa faccio qui ma chi sono io…
    Spesso ci sembra che tutto si ripresenti come un costante “loop”…
    Purtroppo bisogna accettare che le cose devono spesso esser prese come vengono e non è in nostro potere cambiarle.
    Siamo quindi noi a ripeterci nel nostro modo di pensare, continuando così ad impattare con i fatti che accadono.
    Solo conoscendo noi stessi possiamo esser liberi e quindi vederci in un modo nuovo dentroe cose e sperare nel domani.
    Certo non è per nulla semplice, soprattutto in una società materialista ed edonista come la nostra, dove tutto è dovuto, a portata di “click”.

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