Josip uno di noi

Ho iniziato a scrivere questo post al rientro dalle vacanze e poi ci sono tornato sopra non so quante volte. C’era qualcosa che mi impediva di trovare la lucidità e la giusta misura per far arrivare quello che volevo. Sarà che sono un tifoso, sarà che sono di Bergamo, sarà che sono un clinico che si applica anche sullo sport, non lo so con precisione ma così è andata.

Sulla vicenda del giocatore dell’Atalanta Ilicic ne ho lette tante, alcune veramente fuori luogo.

Non so cosa sia successo sul piano di realtà, quello che so è che mi dispiace e lo dico come persona, come tifoso e come clinico.

Naturale che spiaccia che una persona stia male, dispiace e irrita che non possa aver partecipato alla cavalcata finale di champions, il cui raggiungimento lo si deve anche alle sue magie, dispiace anche che ci sia tutta questa incertezza e pudore nel parlarne.

Provo ora a spogliarmi dalle vesti di tifoso e a spiegare cosa è accaduto da queste parti in primavera, perchè penso che c’entri con ciò che è successo a Ilicic, e che tipo di effetti può aver avuto:

La tragedia del Covid-19 in bergamasca ha letteralmente mandato in panne tantissime persone, molte delle quali non sono state toccate direttamente dalla malattia.

In questi mesi ho lavorato con operatori sanitari in prima linea nell’intervento, con chi la malattia l’ha avuta, con parenti di persone che hanno vissuto la malattia di congiunti, in alcuni casi perdendoli.

La mia opinione è che tutte queste persone hanno sviluppato una sindrome da stress post-traumatico, con  livelli di intensità sintomatologica diversi ma comunque importanti. Facendo un calcolo spannometrico rispetto ai dati che in questi mesi ci hanno accompagnato, credo che parliamo di una potenziale popolazione di persone in simili condizioni psicologiche di numerose migliaia di persone nella sola provincia bergamasca.

Mi è anche capitato di lavorare con persone che, pur non avendo vissuto situazioni come le precedenti, hanno iniziato a star male.

Attacchi di panico, insonnia, tono dell’umore ballerino, depressione, stanchezza fisica e mentale, abuso di sostanze: questi i sintomi più gettonati.

Lavorando con alcune di queste persone, si è osservato che gli effetti psicologi dell’impatto della pandemia e della clausura hanno riportato alla luce dei traumi precedenti.

Per chi si occupa di trauma psicologico è noto che l’impatto del trauma sulle persone, se non adeguatamente rintracciato ed elaborato, rimane sottotraccia fino a che non arriva un evento, anche non correlato con l’evento che ha vissuto originariamente la persona, che riattiva il trauma originario come se fosse ancora oggi presente, portandosi dietro tutta la sintomatologia originaria.

Solo che la persona spesso non riesce a fare il link tra lo stato d’animo di oggi e ciò che ha vissuto in passato: ciò che accade è che inizia a star male, si spaventa perchè oggettivamente non coglie un nesso tra l’esperienza che sta vivendo e quel qualcosa che è sepolto dentro di sè, va in panne.

L’esperienza di catastrofe provocata dall’epidemia che abbiamo vissuto a Bergamo ha funzionato come “attivatrice” di traumi pregressi per tante persone.

Per fortuna esistono tecniche, nello specifico io utilizzo l’Emdr, molto efficaci per la risoluzione del trauma. Parliamo di tecniche basate su una corposa evidenza scientifica e clinica, ormai utilizzate da più di trent’anni. La quasi totalità delle persone menzionate, grazie ad un adeguato lavoro di rielaborazione sul trauma, sono tornate alla normalità, anche abbastanza in fretta.

La pandemia ha traumatizzato tutti, non solo chi ha avuto a che fare con la malattia, anche se, come spero di avere descritto con sufficiente chiarezza, ci sono differenze significative tra chi è stato direttamente esposto e chi invece no. Non c’è da stupirsi che abbia colpito anche Josip, visto che è stato esposto come tutti noi a questo dramma tremendo e che si porta dietro un fardello personale di sofferenza.

E’ per questo che parlando di Josip, parliamo di noi in realtà, del dolore e delle ferite di tutta la comunità.

Il grande clamore suscitato da questa notizia evidenzia, dal mio punto di vista, che l’identificazione tra la gente di Bergamo e l’Atalanta esiste molto più concretamente di quanto si possa immaginare: il suo dolore è il nostro dolore e il nostro dolore è il suo. 

Ciò che è successo a Ilicic non è che una storia, purtroppo, tra le tante che questa terra ha patito.

Riconoscere ed accettare le emozioni da coronavirus!

È veramente difficile trovare una misura in questa nuova situazione che ci tocca vivere. Da che l’emergenza è partita, e parliamo di tre settimane fa, lo scenario è completamente cambiato. Mi ricordo l’ultimo post, molto lirico, e l’ho scritto solo 10 giorni fa. Belle parole che penso che valgano ancora… ma non bastano, non tranquillizzano. Nel frattempo sembra che sia arrivata l’apocalisse. Tutti chiusi in casa. Il panico si sta lentamente diffondendo. La paranoia imperversa. Però accidenti, la notizia buona è che il panico ha ragione di esistere e la paranoia anche. Mi spiego: il panico arriva quando non capisci cosa sta succedendo, non hai il controllo sulla situazione, le tue paure più nascoste si arrampicano dentro di te e arrivano alla coscienza e boom, fanno strike. Morirò, moriranno i miei cari … Accidenti è vero, è possibile, e’ qui vicino a me. Qualsiasi contatto può essere pericoloso. Attivi il programma pericolo! Assolutamente naturale è sempre stato così, tranquilli. Non stiamo impazzendo! Poi inizi a rivalutare quegli esagerati che giravano con le mascherine o che si tappavano in casa. Li consideravi esagerati fino ha 15 giorni fa. Ora fai come loro. Si impara, semplicemente si impara. La paranoia poi, non è altro che figlia della paura. Ha ragione di esistere, è questione di sopravvivenza. Quindi non ci sembra più così strano che le persone si tappino in casa, lo facciamo anche noi anche se ci costa, anzi per certi versi siamo grati alle persone che ci hanno segnalato la via quando ancora non avevamo capito. Quando usciamo, cerchiamo una traiettoria che ci impedisca di incrociare altre persone, indossiamo mascherine, nei negozi siamo inquieti. Quindi essere paranoici ora e’ anche abbastanza normale. Diciamola tutta: non sappiamo da che parte girarci, non abbiamo appigli. Ci tocca fermare tutto: il lavoro, i programmi per le vacanze, gli incontri con gli amici. 15 giorni fa sembrava fantascienza. Ora è realtà! Ma non siamo matti, reagiamo naturalmente. Ci difendiamo come possiamo. Tranquilli, ne verremo fuori. Sicuramente! Pagheremo un prezzo, ma forse ne verremo fuori più ricchi, cambieremo le priorità della nostra vita. Apprezzeremo di più lo stare con i nostri cari, godremo dei loro sorrisi con un’intensità che ci eravamo dimenticati, ruggini fatue e banali si riveleranno come tali, fare una passeggiata nella natura ci sembrerà un’esperienza memorabile. Ci cambierà eccome questa triste esperienza!